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Il coronavirus fa parlare di asse intestino – polmone



Uno studio scritto da un gruppo di ricercatori cinesi nel febbraio 2020 riporta che, in pazienti affetti da coronavirus, la sintomatologia intestinale, con diarrea, nausea e vomito, ha una incidenza che va tra il 2 e il 10%, e che questa correla anche con la gravità evolutiva delle manifestazioni respiratorie.

Dal punto di vista meccanicistico, la letteratura scientifica spiega come i chiodini, “spikes”, che costellano la superficie esterna del virus e che gli conferiscono l'aspetto di una corona, siano capaci di interagire con alcuni recettori, chiamati ACE2, che si trovano sia nell’epitelio polmonare, sia in quello intestinale, soprattutto a livello di duodeno, rafforzando così l’ipotesi di un “asse intestino-polmone”.

La correlazione tra i sintomi gastrointestinali e la severità di quelli respiratori ha spinto i cinesi a pubblicare delle linee guida sull’uso di probiotici, specie per i medici direttamente coinvolti nell’emergenza, proprio per garantire l’eubiosi intestinale (equilibrio tra le specie batteriche), che sappiamo essere tanto importante nell’elaborazione di una corretta risposta immunitaria.

Conosciamo microrganismi, tra questi i Bifidibatteri, capaci di colonizzare massivamente il nostro intestino, di permanere anche dopo la fine della supplementazione, in grado di resistere all’ambiente acido gastrico e che hanno un forte potere immunomodulante. Che significa? Questi batteri sono in grado di aumentare la produzione di sostanze, quali ad esempio l’interferon gamma, che evitano l’iperattivazione non funzionale del sistema immunitario, perchè tutto deve avvenire nella giusta misura.

Uno studio del 2019, in tempi ancora non sospetti, osserva come topi trattatti con antibiotici e poi infettati con virus influenzale sviluppavano un quadro clinico peggiore rispetto, non solo ai topi non trattati con antibiotici, ma anche rispetto a quelli trattati con antibiotici ma poi sottoposti a trapianto fecale e quindi al ripristino dell’eubiosi.

Questo ci dovrebbe far riflettere, ancora una volta, sul fatto che l’uso di antibiotici non ha proprietà preventive, ma anzi va a perturbare l’equilibrio del nostro microbiota intestinale e ne pregiudica la funzionalità, oltre che digestiva-metabolica, anche quella di modulatore del nostro esercito difensivo.

Da questo concetto nasce anche una riflessione sull’ipotesi che possa essere proprio l’abuso di antibiotici in Italia (detiene il primato europeo per decessi da antibiotico-resistenza) una delle cause della nostra maggiore incidenza di casi critici di infezione da coronavirus (8,8%), rispetto a quelli riportati in Cina (5%).

Integrazione mirata con probiotici può essere un approccio terapeutico adiuvante, ma è un’alimentazione, sana e bilanciata, a costituire le fondamenta per il benessere intestinale, insieme ad uno stile di vita sano a 360 gradi, dove non può mancare l’attività fisica, l’astensione dal fumo, un regolare bioritmo e l’equilibrio psico-emotivo.

Quando pensiamo al coronavirus e a come combatterlo, non immaginiamolo solo nei polmoni e nelle vie aeree superiori, pensiamolo anche nel nostro intestino e nella nostra bocca e in tutti quei tessuti, anch’essi aventi un microbiota proprio, che il virus attraversa con processi di microaspirazione e che potrebbero, se in salute, ostacolare l’attecchimento del virus stesso.

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